Psicologia della bisessualità maschile e femminile: come capire di essere bisex

Nell’ambito della psicologia della bisessualità, esistono pochi studi, alcuni piuttosto frammentari o comunque non eseguiti secondo i classici criteri di studio che si utilizzerebbero in questi casi. 

Spesso, infatti, ci si è concentrati sulla sola eccitazione sessuale dei soggetti oggetti di studio, tralasciando completamente l’aspetto emotivo ed interiore. 

Mancano delle serie e complete ricerche che analizzano la bisessualità maschile e femminile, lasciando lacunoso un ambito particolarmente interessante a livello psicologico. 

Per fortuna, anche se molto lentamente, c’è un’inversione di tendenza, caldeggiata soprattutto dal fermento attuale dei movimenti LGBT.

Trattandosi di un argomento molto complesso e dalle sfumature variegate e non sempre definibili, procediamo per gradi parlando di:

  • Bisessualità: come capirlo?
    • L’importanza di sperimentare
  • La psicologia della bisessualità
    • Un primo approccio: la classificazione di Kinsey
    • Il peso del pregiudizio e la bifobia
  • Sfumature sessuali: è davvero tutto così etichettabile?
    • Bisessualità maschile
    • Bisessualità femminile
  • Impariamo dagli Antichi

Bisessualità: come capirlo?

Secondo Sigmund Freud, tutti gli individui nascono bisessuali: non a caso si parla di bisessualità innata o di predisposizione alla bisessualità.

Tale teoria, che si basa sui lavori dell’associato di Freud, Wilhelm Fliess, sostiene che ciascuno di noi nasce con una bisessualità intrinseca ma che, attraverso lo sviluppo psicologico definito da fattori endogeni ed esogeni, si diventa monosessuali. 

Questa teoria freudiana non è oggi pienamente accettata dalla scienza moderna, così come non lo è la classificazione di Kinsey che vedremo fra poco, ma rappresenta un primo punto per definire l’argomento. 

Al di là delle teorie fumose e/o non accreditate, non sempre è facile capire pienamente di essere bisessuale, proprio perché l’ambito delle sfumature sessuali è talmente vasto che non si riesce a definirlo appieno. 

Certi tipi di letteratura hanno provato a stilare una sorta di lista per aiutare a capire se si è bisessuali oppure no, tracciando quelle che sono delle potenziali spie vestite di attitudini. Più nel dettaglio, si potrebbe essere bisex se: 

  • Si è favorevoli ad una relazione poliamorosa o di tipo aperto
  • Si prova un profondo odio verso tutti gli stereotipi sessuali di genere
  • Si prova eccitazione per uomini e donne, allo stesso modo
  • Si hanno spesso fantasie su partner occasionali sia maschili, che femminili, anche se si è coinvolti in una relazione stabile e monogama
  • Si prova vergogna per le proprie fantasie sessuali 
  • Quando si ha un ruolo passivo, non si ama la penetrazione

L’importanza di sperimentare

Per quanto qualcuno abbia provato a dare una risposta al come capire di essere bisessuale, in realtà l’unico, vero modo per comprenderlo è quello di sperimentare. 

L’attrazione sessuale può essere anche solo legata alla fantasia e non concretizzarsi mai nella realtà, perché magari mancano i presupposti o perché si tratta – appunto – di una fantasia erotica legata a qualche momento particolare della propria vita o dettata dalla curiosità. 

A volte basta la visione di un film o la lettura di un libro per farci viaggiare con l’immaginazione e toccare nuove frontiere ideali. 

Ma, come dicevamo, le fantasie restano tali, se non concretizzate. E se non si sperimenta, se non si “scende in campo”, non si potrà mai capire se si è bisessuali. 

Il miglior modo in assoluto per sperimentare, nonché il più discreto, è quello di iscriversi ai siti di incontro per bisessuali come https://incontribisex.com, uno dei più celebri e frequentati in Italia. Si tratta sì del classico sito di dating online, ma grazie alla sua community, funge un po’ da nave scuola per coloro che sono alla ricerca della propria identità sessuale, di se stessi: c’è molto di terapeutico in ciò. 

Parlare, confrontarsi è il primo passo per trovare delle risposte, ma lo step successivo sarà quello di vedersi di persona e sperimentare, grazie soprattutto al coinvolgimento di una persona che tu stesso hai scelto ed hai avuto modo di conoscere. Una persona libera da pregiudizi, probabilmente con una consapevolezza sessuale già maturata rispetto alla tua, che sappia guidarti e rispettare i tuoi tempi.

La psicologia della bisessualità

Partendo dagli studi di Freud fino ad arrivare ad oggi, la psicologia della bisessualità non è che abbia fatto passi da gigante. 

In linea estremamente generica, possiamo dire che a livello psicologico è bisessuale colui o colei che prova attrazione sessuale, emotiva e romantica sia per soggetti di sesso identico al proprio, che diverso. 

Naturalmente, tale definizione è sommaria, in quanto difficilmente il soggetto bisessuale ha la stessa, identica attrazione sia per un uomo, che per una donna. Più verosimilmente, tenderà ad avere comunque un sesso preferito. 

C’è ancora da precisare che esistono i cosiddetti omosessuali occasionali, ovvero quei soggetti che solo in particolari condizioni si lasciano andare ad esperienze con lo stesso sesso, poiché condizionati da una situazione coatta. Un esempio può essere quello dei marinai o dei soldati di un tempo, costretti a lunghi periodi senza poter incontrare una donna, così come i detenuti. 

In questi casi, la psicologia della bisessualità c’entra probabilmente poco, perché è una condizione di adattamento dell’individuo alla situazione, non una tendenza vera e propria. 

In ultimo, lo precisiamo per dovere di cronaca, gli ermafroditi non possono essere considerati bisessuali a prescindere. Certo, possono esserlo, ma non per via della loro peculiarità fisica. 

Un primo approccio: la classificazione di Kinsey

C’è chi ha provato, intorno agli Anni 50 del secolo scorso, a dare una categorizzazione alla bisessualità maschile e femminile. 

Si tratta di Alfred Charles Kinsey, che in collaborazione con altri studiosi ha pubblicato due opere scientifiche sulla bisessualità per la prima volta in assoluto:

Sexual Behaviour in the Human Male (Il comportamento sessuale dell’uomo; 1948) e Sexual Behaviour in the Human Female (Il comportamento sessuale della donna; 1953).

Qui viene proposta una classificazione che comprende 7 livelli di valutazione, da 0 a 6, ciascuno dei quali catalogato in maniera sommaria. Eccoli di seguito:

  • Esclusivamente eterosessuali (valutazione 0)
  • Prevalentemente eterosessuali, ma in alcune circostanze con tendenze omosessuali (valutazione 1)
  • Prevalentemente eterosessuali, ma con una forte componente omosessuale (valutazione 2)
  • Le tendenze eterosessuali e omosessuali si equivalgono (valutazione 3)
  • Prevalentemente omosessuali, ma con una forte componente eterosessuale (valutazione 4)
  • Prevalentemente omosessuali, ma in alcune circostanze con tendenze eterosessuali (valutazione 5)
  • Esclusivamente omosessuali (valutazione 6)

Secondo Kinsey, quindi, il vero bisessuale è colui che corrisponde alla valutazione 3, ma nella realtà, nel pieno rispetto delle varie sfumature e tendenze sessuali, sarebbe più corretto considerare bisessuali tutti i soggetti che si ritrovano nel range compreso fra la valutazione 1 e la 5.

Infatti, nel tempo, sono stati molti gli studiosi che hanno modificato tale classificazione, ma non sono mancate critiche assai aspre, un po’ come è successo per la teoria di Freud. 

Nello specifico, a Kinsey è stata contestata la mancanza di una visione globale, poiché non si tiene conto né dell’età dei soggetti, né dei condizionamenti sociali, così come del fatto che la sessualità è fluida, mutevole proprio per via di fattori oggettivi e soggettivi. 

Va da sé, dunque, che definire chiaramente la psicologia della bisessualità non sia semplice, ma c’è una componente del caso che vale la pena analizzare con maggiore attenzione: il peso del pregiudizio.

Il peso del pregiudizio e la bifobia

Paradossalmente, ci si sente più liberi a dichiararsi gay o lesbiche, che bisessuali. 

Ciò accade perché la società punta sempre il dito verso le cosiddette diversità, dunque una persona che “non sa da quale parte stare” viene considerata con velato disprezzo. E ciò si amplifica soprattutto se si ha una relazione stabile. 

Infatti, nell’immaginario collettivo i bisessuali sono considerati dei libertini, incapaci di essere fedeli o comunque di avere una visione sana dell’amore e della coppia stessa. Niente di più sbagliato, ovviamente.   

Ma il pregiudizio non si ferma qui: anche la comunità gay e lesbica ha forti riserve sui bisessuali. Questi, infatti, vengono considerati come soggetti indecisi, codardi, perché non riescono a prendere una posizione e ad essere sinceri con se stessi (e con gli altri). 

Il peso dei pregiudizi diventa così forte, che spesso si cede alla bifobia, ovvero alla negazione e all’avversione per la bisessualità, respingendo la possibilità di essere felici e di esprimersi liberamente.

Sfumature sessuali: è davvero tutto così etichettabile?

Quando si parla di sesso, niente è davvero etichettabile, precisiamolo. E, considerata la bisessualità e la sua psicologia intrinseca, non possiamo che riconfermare ciò. 

Eppure, molti studiosi hanno provato ad etichettare la bisessualità, a misurarla addirittura. In realtà, ad essere misurata è stata solo e soltanto l’eccitazione, ma è impossibile scandagliare e dare una definizione univoca ad ogni soggetto. 

Bisessualità maschile

Per “misurare” la bisessualità maschile, in diversi studi è stato usato il pletismografo penile, uno strumento ideato nel 1965 che verifica l’afflusso di sangue verso il pene come risposta a specifici stimoli sessuali. 

Una ricerca del 2000 condotta dalla Northwestern University di Chicago, usando proprio il pletismografo penile, ha stabilito che gli uomini etero e gay tendono a provare eccitazione soprattutto in direzione di un’unica categoria di soggetti, ovvero quella dichiarata all’inizio del test. 

Nei soggetti bisessuali, tale caratteristica si è ripetuta allo stesso modo, non lasciando spazio alla presunta fluidità sessuale attesa. 

Tale studio ha messo dunque in dubbio la concretezza della bisessualità maschile, già negata per tutta una serie di motivi prettamente sociali. Ma è stato fortemente criticato perché ha analizzato solo la parte sessuale della bisessualità, non ampliando la ricerca a soggetti che hanno intrattenuto relazioni bisessuali di tipo affettuoso. 

Nel 2011, un nuovo studio più preciso ha preso il via, includendo soggetti che fossero bisessuali da tempo, anche con relazioni sessuali e/o amorose di lungo corso.

I risultati hanno dimostrato ampiamente la realtà della bisessualità maschile, poiché i soggetti hanno manifestato eccitazione sia per filmati ed immagini etero, che gay. 

Bisessualità femminile

Relativamente più semplice è parlare della bisessualità femminile. Qui, infatti, esistono maggiori studi, ma in generale le donne dimostrano di avere una libertà di espressione sessuale più marcata, rispetto agli uomini. 

Secondo uno studio pubblicato sul National Survey of Sexual Health and Behavior, il 2.6% degli uomini americani si dichiara bisessuale, rispetto al 3.6% delle donne. 

Ma c’è di più: la sessualità delle donne tende ad essere fluida. 

A dirlo è uno studio condotto dall’Università dell’Essex pubblicato sul Journal of personality and social psychology, che ha analizzato un campione di 345 donne inglesi di varia età ed estrazione sociale.

Il presupposto della ricerca partiva dall’intenzione di dimostrare non solo la bisessualità femminile in generale, ma soprattutto che le donne sono tutte bisex, e non semplicemente etero o lesbo. 

Durante i test, alle donne sono stati somministrati filmati ed immagini porno sia etero, che lesbo, misurando l’eccitazione attraverso sia la dilatazione delle pupille, che l’afflusso di sangue nella zona genitale. 

I dati hanno dimostrato che i soggetti dichiaratesi etero hanno mostrato eccitazione sia alla visione dei filmati etero, che di quelli lesbo. Mentre le lesbiche hanno dimostrato una maggiore eccitazione verso i porno con protagoniste soltanto donne. 

Di fatto, il mito della sessualità fluida è stato confermato: la bisessualità femminile è reale ed ha più livelli di analisi.

Tale condizione può essere motivata dalla spinta sociale e psicologica che si ha costantemente, in direzione della sessualità esplicita femminile. La maggior parte delle pubblicità riporta esempi ed ammiccamenti al sesso, servendosi di modelle assai  sexy, così come anche la tv ed il cinema tendono a proporre scene dove è sempre la donna ad essere sessualizzata in maniera preponderante, rispetto agli uomini (anche se la tendenza sta progressivamente mutando). 

Naturalmente, non va dimenticato il fatto che fra le donne c’è una maggior propensione al contatto fisico: abbracci, baci, il tenersi per mano sono gesti che non vengono mai criticati,  ma se sono due uomini ad assumere tali atteggiamenti verrebbero immediatamente bollati. 

Impariamo dagli Antichi

Nel passato, la bisessualità non era affatto stigmatizzata, anzi. 

Basti pensare all’Antica Grecia, al tiaso di Saffo, la poetessa dell’isola di Lesbo, dove le giovinette delle famiglie facoltose soggiornavano a mo’ di collegio per prepararsi alla vita e soprattutto al matrimonio. Qui, i rapporti lesbo erano caldamente raccomandati, così da fare esperienza propedeutica alle nozze. 

Stesso discorso per lo Shudō giapponese e per altre culture: anche il Kama Sutra prevede delle posizioni sia per i rapporti omo, che lesbo, descritti al pari di quelli etero, sintomo del fatto che non c’era la discriminazione di oggi. 

Ad ogni modo, la bisessualità maschile e femminile sta acquisendo sempre maggiore spazio a livello culturale, sociale e, si spera in futuro, anche politico. Di certo, e basta guardare una qualunque serie tv realizzata negli ultimi 3-4 anni, sono sempre più i protagonisti ed i personaggi secondari che hanno relazioni bisex o omo, dimostrando che il sesso è ricco di sfumature e di varietà e che, soprattutto, l’inclusività è il futuro.

Lascia un commento